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Francesco Dall’Ongaro

29 Agosto 2023 Archiviato in:Poeti

Nacque a Mansuè di Oderzo (Treviso) nel 1808. Studiò in seminario, venne ordinato sacerdote nel 1831 e svolse una interessante attività di predicatore. Abbandonato il sacerdozio, fu precettore privato e si dedicò all’attività pubblicistica. A Trieste, dove soggiornò tra il 1836 e il 1847 (nel periodo tra il 1846 e il 1847 scrisse sul giornale ufficiale «L’Osservatore Triestino»), collaborò a (e poi diresse) «La Favilla» (1838-1836), un periodico che qualcuno (Bruno Maier) ha considerato «Il Conciliatore» triestino. D. O. maturò inclinazioni ideologiche, politiche e culturali che poi lo videro vicino a posizioni democratiche, mazziniane, anticlericali.

A Trieste, si adoperò per l’istituzione di asili d’infanzia per gli operai italiani, scrisse inni e allestì libri di testo per le scuole, per le quali auspicava un’opera di italianizzazione. Fu allontanato dall’establishment culturale triestino dopo che, in un banchetto offerto a Richard Cobden, chiese che l’Austria promuovesse una lega doganale degli Stati d’Italia come «preludio dell’italica unità». Disilluso anche dalla politica di Pio IX, aderì all’esperienza repubblicana di Manin a Venezia, dove scrisse – tra il giugno e l’ottobre – su «Fatti e Parole». Nel 1848 fu a Roma, dove diresse «Il Monitore».

Aiutante di Garibaldi, deputato nel 1849, fu costretto all’esilio in Svizzera, Inghilterra, Belgio e Francia. In quel periodo scrisse sulla «Concordia», sul «Teatro italiano», su «L’amico del popolo», sul «Repubblicano», sulla «Rivista di Firenze», sulla «Nation», sull’«Opinion nationale», sul «Siècle». Come giornalista, collaborò anche all’«Antologia», alla «Scena» di Venezia, alla «Perseveranza». Nel 1859 tornò in Italia, si stabilì a Firenze, dove diventò regio professore, ed ebbe incarichi al Ministero dell’istruzione. Più tardi, fu professore a Napoli (collega di Settembrini e De Sanctis), dove morì nel 1873.

Di cultura molto ampia (aveva appreso anche l’ebraico, oltre che il greco e il latino), conoscitore della patristica, studioso di Dante (al quale dedicò diverse letture), D. O. sostenne la necessità dell’abolizione della pena di morte e guardò con simpatia le cause dei poveri e socialmente emarginati, lavorò alla produzione di testi per le scuole pubbliche, per gli asili e per le scuole per gli adulti, attento alle tradizioni e (in linea con gli interessi di Tommaseo) ai canti popolari. 

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